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  • Istituto di Scienze della Vita

Giornata internazionale della Terra: l’ultimo rapporto IPCC sulla mitigazione del clima e i principali risultati presentati nell’intervento di Roberto Buizza, in qualità di docente della Scuola Sant’Anna. “Le evidenze sono chiare, è il momento di agire”

Data pubblicazione: 15.04.2022
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In occasione della Giornata Internazionale della Terra, che si celebra il 22 aprile di ogni anno, su iniziativa delle Nazioni Unite, per ricordare l’importanza della salvaguardia del pianeta e della difesa dell’ambiente, Roberto Buizza, in qualità di docente di fisica per il sistema terra e per il mezzo circumterrestre della Scuola Superiore Sant'Anna, interviene con un articolo a sua firma per presentare le principali evidenze emerse dal nuovo rapporto di IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change, con particolare attenzione al tema del riscaldamento globale e della riduzione delle emissioni.

di Roberto Buizza

“Suggerisco di iniziare la giornata della Terra 2022 (22 aprile 2022) ricordando i punti principali dell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) (qui il link: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-3/)”.

“Il rapporto dice che il riscaldamento può essere controllato, e quindi i danni legati al riscaldamento climatico limitati, se si agisce velocemente a ridurre le emissioni. Abbiamo le tecnologie per farlo. Tecnologie che hanno un costo di produzione di energia confrontabile e/o più basso di tecnologie basate sui combustibili fossili. I benefici economici di una riduzione delle emissioni sarebbero maggiore dei costi legati ad un ulteriore riscaldamento. Ricorda che le emissioni nette di gas serra hanno continuato a crescere nella decade 2010-2019, ma con una drastica ed immediata riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e dell’84% entro il 2050, si potrebbe contenere il riscaldamento medio globale in questo secolo al di sotto di 1.5oC gradi. Una riduzione delle emissioni sostanziale ma più graduale, del 27% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e del 67% entro il 2050, porterebbe ad un riscaldamento tra 1.5 e 2.0oC gradi”.

“Queste sono alcune delle conclusioni del ‘Summary for Policy Makers’ del rapporto sulla mitigazione del cambiamento climatico pubblicato il 4 aprile 2022 dal Working Group III (SPM-WGIII) dell’Intergovernmental Panel on Climate Change’ (IPCC) (qui il link: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-3/)”.

“SPM-WGIII è il più recente della sesta serie di rapporti (AR6) che presentano lo stato delle conoscenze sull’evoluzione del clima, dell’impatto del continuo riscaldamento, e degli sviluppi scientifici e tecnologici che ci possono aiutare ad affrontare il cambiamento climatico. Segue i rapporti degli altri due Working Groups, del Working Group I sulla scienza del clima pubblicato ad agosto 2021 (link: , https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-i/)  e del Working Group II sugli impatti, l’adattamento e la vulnerabilità’ (qui il link: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-working-group-ii/), pubblicato a febbraio 2022”.

 

Quale è lo stato del clima?

“Il livello della concentrazione dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera a marzo del 2022 ha raggiunto il livello di 418 ppm (parti per milione) (vedi, ad esempio, le tendenze misurate dall’osservatorio NOAA di Mauna Loa, nelle Hawaii; link: https://gml.noaa.gov/ccgg/trends/). Le ricostruzioni delle caratteristiche dell’atmosfera del passato basate su carotaggi di ghiacci della Groenlandia e dell’Antartico e su analisi dei sedimenti, mostrano che occorre andare a 2.5 milioni di anni fa’ per trovare valori di concentrazione di CO2 così alti, al di sopra di 400 ppm. Se consideriamo gli ultimi 800,000 anni, prima del 1900 la concentrazione di CO2 è oscillata tra 180 e 300 ppm, per poi iniziare a salire verso gli attuali 418 ppm. Salgono ancora più velocemente della CO2 gli altri gas serra: il metano (CH4 ha superato 1,900 ppb (parti per miliardo), e l’ossido di diazoto (N2O) ha superato 335 ppb”.

“L’impatto più evidente della continua crescita delle emissioni di gas serra legate alle attività umane è il continuo aumento della temperatura media globale della superficie della Terra, che oggi è circa 1.2oC gradi al di sopra della media del periodo pre-industriale (tra il 1850 ed il 1900). A questo aumento medio globale corrispondono valori di riscaldamento più alti in alcune zone della Terra, tra cui i poli e la regione Mediterranea: per esempio, la temperatura media dell’Europa, incluso l’Italia, è circa 2.5 oC gradi più alta che nel periodo pre-industriale. Questo vuol dire che un ulteriore riscaldamento medio globale di 1 oC grado potrebbe tradursi, per la regione Mediterranea, in un ulteriore riscaldamento di almeno 2 oC gradi”.

“L’aumento della temperatura sta causando l’innalzamento dei livelli dei mari e lo scioglimento dei ghiacci. Dal 2006, si osserva un’accelerazione dell’innalzamento del livello dei mari di quasi un fattore 3, da +1.4mm l’anno nelle decadi precedenti a +3.6mm, in parte legata al riscaldamento delle acque ed in parte allo scioglimento continuo dei ghiacci sulle terre ferme. I ghiacci dei poli continuano a ritirarsi, e a ridursi in spessore: i primi mesi del 2022 hanno visto l’estensione dei ghiacci di entrambe le calotte polari ai minimi storici (vedi, ad esempio, le tendenze osservate dal National Snow and Ice Data Center americano, NSIDC: link https://nsidc.org)”.

 

Cosa dice il rapporto IPCC sulla mitigazione del cambiamento climatico?

“Nella prima parte, SPM-WGIII riporta la continua crescita delle emissioni di gas serra, e come le emissioni siano continuate a crescere nell’ultima decade. La notizia positiva è che si è osservato un rallentamento della crescita rispetto alla decade precedente, dal +2.1% l’anno negli anni 2000-2009, a +1.3% negli anni 2010-2019, ma siamo ancora lontani dall’aver invertito la tendenza. SPM-WGII ricorda che la maggior parte dei gas serra sono stati emessi nelle ultime decadi (ad esempio, il 17% di tutti i gas serra emessi tra il 1850 ed oggi, sono stati emessi tra il 2010-2019), e che quindi è necessario ridurre le emissioni future al più presto se si vogliono controllare i livelli futuri dei gas serra”.

“Il rapporto parla molto esplicitamente dell’enorme disparità delle emissioni di diverse regioni del globo: se prendiamo le emissioni di CO2 accumulate tra il 1850 ed il 2019, vediamo che i maggiori responsabili dell’accumulo sono il Nord America (23%) e l’Europa (16%), seguiti dall’Asia dell’Est (12%), l’America Latina e i Caraibi (11%) e quindi le altre regioni del mondo. Gli ultimi trent’anni hanno visto il contributo di alcuni paesi scendere notevolmente, ed il contributo di altri salire, come conseguenza dello sviluppo economico e della trasformazione delle economie, che hanno portato uno spostamento della produzione di prodotti fisici verso l’Asia dell’Est, e la crescita del settore dei servizi in Nord America ed in Europa. In proporzione, negli ultimi 30 anni il contributo del Nord America è sceso dal 18% al 12%, e quello dell’Europa è sceso dal 16% all’8%. L’Asia dell’Est ha aumentato il suo contributo dal 13% al 27%”.

“Se guardiamo alle emissioni di gas serra per persona, tra il 1990 ed il 2019 il valore medio globale è aumentato da 7 a 7.8 tonnellate di CO2-eq l’anno. Rimangono enormi differenze tra i valori medi dei singoli Paesi, che variano di un fattore 10, tra 2 e 20 tCO2-eq, a testimonianza del fatto che certi Paesi e regioni utilizzano molta più energia di altri, e continuano ad essere i principali responsabili della situazione attuale. Se consideriamo l’Italia, nel 2019 le emissioni di gas serra medie per persona sono state di 7.2 tCO2-eq, mentre quelle medie dei 27 Paesi dell’Unione Europea sono state di 8.4 tCO2-eq (dati Eurostat: https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/t2020_rd300/default/table?lang=en)”.

“Parlando di mitigazione, SPM-WGIII mette in evidenza come tra il 2000 ed oggi il costo unitario di tutte le forme di energia rinnovabile siano scese, e come sia salito il loro utilizzo. Oggi, il costo per megawatt-ora di produzione di elettricità da impianti fotovoltaici ed eolici è simile, se non più basso, del costo di produzione da impianti a combustibile fossile (Fig. 1). Tale combinazione dovrebbe spingere un’accelerazione della de-carbonizzazione”.

 

E’ possibile limitare il riscaldamento medio globale al di sotto di 1.5 o 2.0 oC gradi?

“I risultati delle 1,200 proiezioni del clima futuro, ottenute negli ultimi anni di studi da vari gruppi di scienziati con i modelli del sistema Terra più all’avanguardia esistenti, confermano che si può limitare il riscaldamento al di sotto dei 1.5 oC con una riduzione drastica ed immediata delle emissioni di gas serra”.

“Con una riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e dell’84% entro il 2050, si potrebbe contenere il riscaldamento medio globale in questo secolo al di sotto di 1.5oC gradi. Con una riduzione delle emissioni sostanziale ma più graduale, del 27% entro il 2030 (rispetto ai valori del 2019) e del 67% entro il 2050, si potrebbe contenere il riscaldamento medio globale in questo secolo al di sotto di 2.0oC gradi. Riduzioni più blande, o un continuo aumento delle emissioni, ci porterebbe verso un ulteriore riscaldamento medio globale oltre i 2 oC, e quindi valori medi globali tra 2 e 5 oC gradi al di sopra del valore medio pre-industriale”. 

 

E’ fattibile per l’Italia ottenere queste riduzioni delle emissioni?

“Per ridurre le emissioni tra il 2020 ed il 2030 del 43%, ogni Paese deve ridurre le emissioni, in media, del 5% l’anno. Mentre per contenere il riscaldamento al di sotto di 2.0 oC gradi, devo ridurre le emissioni tra il 2020 ed il 2030 del 27%, e cioè del 2.8% l’anno”.

“Consideriamo l’Italia (Figura 2): nel 2018 le emissioni di gas serra per l’Italia sono state l’85% di quelle del 1990, e tra il 1990 ed il 2018 sono diminuite, in media, dello 0.5% l’anno. Ma se prendiamo gli ultimi dieci anni, tra il 2009 ed il 2018 le emissioni sono diminuite, in media, del 2.3% l’anno, indicando un’accelerazione nella de-carbonizzazione. Per il Regno Unito, nel 2018 le emissioni sono state il 69% del valore del 1990, e tra il 1990 ed il 2018 sono diminuite, in media, del 1.3%, mentre negli ultimi dieci anni sono diminuite, in media, del 1.8%”.

“Se confrontiamo il primo numero, 5%, con le riduzioni che i due Paesi hanno ottenuto negli ultimi dieci anni (2.3% per l’Italia e 1.8% per il Regno Unito), vediamo che entrambi devono accelerare la decarbonizzazione, l’Italia di almeno un fattore 2 ed il Regno Unito di un fattore 3. Notare che anche per  contenere il riscaldamento al di sotto di 2.0 oC gradi i due Paesi devono accelerare la riduzione delle emissioni, per raggiungere un valore medio di riduzione del 2.8%: l’Italia deve accelerare la riduzione di un altro punto percentuale, dall’1.8% al 2.8%, ed il Regno Unito di 1.5%, dall’1.3% al 2.8%”.

“SPM-WGIII dice che tali riduzioni sono possibili se si procede ad una sostanziale riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili, si passa a produrre l’elettricità con sistemi a zero emissioni nette di gas serra, si utilizza idrogeno verde come sistema di accumulo, si aumenta l’efficienza di tutti i processi e si riduce il consumo, si ripensa a come bilanciare in maniera efficiente e resiliente la generazione ed accumulo di energia e la domanda. SPM-WGIII dice anche esplicitamente che entrambi gli scenari di limitazione del riscaldamento a 1.5 o 2 oC gradi, richiedono oltre alla riduzione delle e missioni anche l’adozione di sistemi di ‘carbon capture and storage’ (CCS) delle emissioni, per compensare con le emissioni residue del futuro, legate a quei pochi settori in cui ridurre le emissioni è difficile”.

 

Quali sono i costi ed i benefici di una riduzione delle emissioni di gas serra?

“SPM-WGIII dice che i costi legati alla limitazione del riscaldamento al di sotto dei 2 oC sono più bassi dei benefici economici legati alla riduzione degli impatti del cambiamento climatico. Mette anche in evidenza i co-benefici che possono derivare da una riduzione delle emissioni in termini dei ‘Sustainable Development Goals’ (SDGs). Propone che i SDGs siano utilizzati per valutare l’impatto di politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Parla anche della necessità di mantenere un legame moto stretto tra le politiche di riduzione dei rischi legati al cambiamento climatico (con politiche di mitigazione e adattamento), e la promozione sia di uno sviluppo sostenibile che di una maggiore giustizia sociale”.

“Mette anche in evidenza che una crescita dell’ingiustizia sociale, ed una mancanza di risorse economiche e sociali aumenterebbero la vulnerabilità e ridurrebbero ancora di più la capacità di molti Paesi a adattarsi al cambiamento climatico, oltre che ad implementare politiche di mitigazione. Giustizia sociale che deve tradursi nel fatto che i Paesi più ricchi mettono a disposizione dei Paesi meno sviluppati, che molto spesso hanno contribuito meno degli altri alle emissioni di gas serra e sono più a rischio degli impatti del cambiamento climatico, risorse e tecnologie per aiutarli a svilupparsi economicamente, oltre che ad affrontare il problema del cambiamento climatico”. 

 

“The evidence is clear: the time for action is now” (da IPCC WGIII SPM).